Ciò che spinge migliaia di
giovani ad investire sul proprio presunto talento di stilisti è la fascinazione
nei confronti del creatore di moda "vecchio stampo", quello che
drappeggia la stoffa sul manichino in maniera istintiva e naturale. Comprendere
che il "mestiere" è ormai qualcosa di completamente diverso non è
senz'altro semplice. Abbandonare ogni romantica idealizzazione del proprio
futuro e puntare su un cinico bisogno di comprendere e imparare nel dettaglio
tutte le logiche del mercato, è poi quasi impossibile per un giovane che si
affaccia a questo mondo così variegato e misterioso.
Giorgio Armani. Campagna pubblicitaria Vogue 1982 |
Il pensiero di una moda creata
non per amore del bello, ma per pure e semplici esigenze commerciali, rende
automaticamente indigeste molte dinamiche proprie anche di grandi aziende con
marchi storici e creatori competenti. Lo stesso Giorgio Armani, uno dei più
grandi innovatori del design made in Italy, non può essere considerato un
semplice stilista. La via che scelse di intraprendere a partire dagli anni '70
va ben oltre la semplice logica del creativo. Scelse di diventare un
disegnatore a servizio dell'industria, perché l'espressione individualistica
non era più sufficiente, voleva estendere l'idea del bello nella quotidianità
delle persone, ma per fare ciò, era necessario arrivare a dei forti
compromessi. Giorgio Armani infatti, parla di una sorta di "sdoppiamento",
vive insieme lo status di artista e imprenditore, e ammette di dover spesso
rinunciare all'amore per molte sue creazioni per via del suo spirito
imprenditoriale, che non gli permette di portare avanti progetti inadatti alla
produzione industriale.
Un tale approccio risulta assai complesso, e credo che
l'auto-censura sia un gesto assolutamente doloroso per un creativo. La capacità
di giudicare la propria opera in maniera obiettiva è una qualità decisamente
rara, e per chi vive ancora nell'idea dell' "anarchia creativa"
questo procedimento risulta assai complesso.
Esiste comunque un compromesso
tra l'idealizzazione del designer di moda e la cruda realtà del disegnatore a
servizio dell'industria, ed è lo "Slow Design", un complesso sistema
di micro-imprese che focalizzano l'attenzione sul progetto e ricercano una
notorietà colta, di nicchia. Ne è un esempio Colomba Leddi, le cui creazioni
risultano impeccabili ed estremamente affascinanti, e sono destinate ad essere
presentate esclusivamente nei concept-store.
Altro esempio meraviglioso è
quello del Laboratorio Lasabui di Valeria Bosco: dopo anni passati al servizio
di grandi nomi come Dior e Ferré, ha pensato bene di distaccarsi per rivivere
la piccola realtà del micro laboratorio, dove opera senza vincoli riuscendo comunque
a collaborare con grandi aziende come Prada.
Creazioni di Colomba Leddi |
Alcuni manuali, che hanno lo
scopo di guidare i giovani alla comprensione di questo complesso universo,
dipingono in maniera drammaticamente chiara la realtà del mercato della moda.
Fortunatamente, nel cuore del giovane creativo, alberga una certa ingenuità di
fondo, e guai se così non fosse. Del resto, accanto al mondo della moda
pratica al servizio del corpo (e del mercato), esiste quella da guardare, come
insegna Capucci. Esiste il puro design che rompe ogni schema di praticità per
diventare virtuosismo architettonico e cromatico da esporre al centro di una
grande sala, da ammirare con occhi estasiati, da osservare a trecentosessanta
gradi. Esiste quella pazienza d'altri tempi, necessaria, e sempre più perduta.
Creazioni di Roberto Capucci |
Viviana
incredibile come un articolo così ben fatto, possa far incuriosire anche chi come me dell'argomento moda non si era mai interessato!
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