Nessuna civiltà
occidentale ha dato al mito l'importanza pedagogica e culturale al
pari di quella ellenica. Sublimando la pratica in uso presso tutte le
antiche civiltà del bacino mediterraneo, il mondo greco seppe
portarlo a livelli di raffinatezza mai visti prima. Ne fece il
soggetto principale in ogni campo dell'arte figurativa, nella
filosofia, nel canto e nella musica. La florida “produzione”
mitologica greca ha attraversato tre millenni di storia, diventando a
tutti gli effetti uno dei cardini della cultura e dell'arte di tutta
Europa. Uno dei più toccanti racconti mitologici è sicuramente
quello di Orfeo ed Euridice. Virgilio lo ha reso celebre con la sua
prosa elegante:
“Orfeo cantava e
suonava in modo dolcissimo: ad ascoltarlo si fermavano le acque dei
fiumi, gli animali feroci diventavano mansueti, le piante accorrevano
da lui e persino le pietre versavano lacrime commosse. Orfeo era
sposato con la ninfa Euridice, che a causa della sua straordinaria
bellezza era diventata oggetto degli ardenti desideri di Aristeo, un
altro figlio di Zeus. Quest’ultimo la seguiva dappertutto nel
tentativo di farla sua e un giorno, mentre lei se ne stava con le
altre ninfe, Aristeo, preso dalla passione, iniziò a rincorrerla.
Euridice scappò in preda alla paura e, mentre correva, fu morsa da
un serpente velenosissimo, che le provocò la morte. La sua fine
colpì particolarmente Aristeo, ma molto di più si disperò Orfeo
che restò per giorni disteso sul corpo della sua amata a versare
lacrime. Egli pianse e pianse, cantando non più le glorie degli dei,
le bellezze dell’universo e le dolcezze dell’amore, ma la
crudeltà della vita, il dolore della morte e il lamento della
solitudine. Le piante commosse suggerirono al poveretto di recarsi
nell’Oltretomba per convincere, con il suo canto, le divinità
infernali a riportare in vita la ninfa.
Così Orfeo entrò
negli Inferi: lo spettacolo avrebbe raggelato il sangue del mortale
più coraggioso, ma egli, forte del suo amore, non si perse d’animo.
Iniziò a suonare con la cetra un canto melodioso e, come per un
incantesimo, addolcì quei mostri terribili, permettendo ad Ermes di
guidarlo da Ade e da sua moglie Proserpina. I due oscuri sovrani si
lasciarono ammaliare dal canto di Orfeo e gli consentirono di
riportare Euridice in vita a patto di non guardarla per tutto il
tragitto di uscita dagli Inferi. Orfeo soddisfatto recuperò
Euridice, ma ad un passo dall’uscita si voltò e la condannò,
così, a restare nel Mondo dei morti per l’eternità.”
La domanda che racchiude
in sé la profondità di questo racconto è: perché Orfeo si volta?
Perché un essere dalle caratteristiche eccezionali, capace di
influenzare col suo canto l'umore degli dei e della natura, disposto
a discendere nell'Ade per riprendersi l'amata, non riesce a
distogliere lo sguardo il tempo necessario a riportarla in vita?
Senza un'adeguata risposta a questo interrogativo, il mito di Orfeo
ed Euridice rimarrebbe una favola di scarso spessore, risolta con un
escamotage di basso livello.
Occorre
quindi scavare nella cultura greca, presso la quale l’amore è
indissolubilmente legato alla conoscenza che avviene attraverso la
vista. Non si può amare se non si conosce e non si può conoscere se
non si vede, per cui non si può amare senza vedere. Alla luce di
questa premessa, la richiesta apparentemente semplice di Ade si
rivela quindi una sfida paradossale. Orfeo, infatti, solo smettendo
di amare Euridice può riuscire ad evitare di guardarla; negarle lo
sguardo significherebbe far cessare i sentimenti di amore che lo
hanno portato fin laggiù. Raggiungere lo scopo, per cui era disceso
nel Mondo dei morti, rappresentava la negazione della causa che lo
aveva mosso. Euridice lo sa ed è per questo che gli dice: ”Ahimè,
dolce Orfeo, troppo mi hai amata e per questo mi hai perduta per
sempre!” Orfeo dopo essere riuscito a sfidare i limiti
mortali; dopo essersi recato negli Inferi ed essersi presentato al
terribile Ade non come eroe, ma come vate e dopo averlo incantato con
i suoi versi e avere ottenuto il dono di riportarla in vita, si
blocca, perché farle varcare la soglia fra la vita e la morte
significherebbe negarle il suo amore, l’unica cosa che lui le può
offrire; così Orfeo raggiunge la sua bella Euridice e la guida fino
alla luce; ma poi si volta e immortala la bellezza di quell’istante
unico e magico, dandole l’estrema prova del suo amore, reso
immortale nel Mondo del non ritorno.
Valeria
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