martedì 16 ottobre 2012

Fabio: storia di un sogno che è diventato un incubo

Fabio, 60 anni, brizzolato, aspetto giovanile, il volto segnato dal tempo e dall’esperienza. Una persona come tante, una brava persona. Fabio era una persona felice, oggi lo è molto meno. Ma andiamo con ordine. Di umili origini, trascorre un’infanzia tranquilla nella casa colonica in un paese del Mugello in provincia di Firenze. Ha la passione dei cavalli, ne possiede quattro che cavalca regolarmente per tutta l’adolescenza, appena ha un momento libero, fra la scuola e il lavoro nei campi dove aiuta suo padre. Passa qualche anno, rimane orfano nel giro di sei mesi, poco più che ventenne. Una brutta botta, ma con l’aiuto dei parenti riesce a riorganizzare la propria vita e tramite uno zio trova lavoro come magazziniere presso un grossista di ricambi auto nel capoluogo toscano. Vive ormai da solo, non ha particolari problemi economici, la famiglia gli ha lasciato qualcosa per non avere l’acqua alla gola, ma il lavoro lo impegna tutto il giorno, anche perchè due ore vanno via di viaggio. Il lavoro nei campi è assolto da un parente così come la gestione dei suoi cavalli. 





Fabio è sveglio e ambizioso. Dopo un pò dal magazzino viene trasferito al banco, a contatto con i clienti. Qui dimostra di essere ancora più in gamba e di li ad un anno gli viene proposto di fare il rappresentante. Accetta. Sono gli anni 80, gli anni del disimpegno politico e dell’allegria: ha 29 anni, bella presenza e fa un lavoro che ama. Nel frattempo conosce Claudia, si innamora e dopo 3 anni decidono di sposarsi. Siamo nel 1987. Vende la casa colonica e compra un appartamento a Firenze. Sono anni d’oro per Fabio. Riscuote successo nel lavoro e le offerte da aziende più grandi e importanti non tardano ad arrivare. Nel 1990 nasce Monica, e lui fa il grande salto, va a lavorare per una grande azienda di cosmetici, cambiando totalmente genere. Non ha più a che fare con officine ed elettrauti, ma con profumerie. Gli anni passano tranquillamente, nel 1994, nasce Matteo. Il 1996 è un anno un pò difficile, una piccola crisi economica, il mercato un pò fermo. Nel 1998 l’azienda per cui lavora viene acquisita da una multinazionale. Gli sembra di essere nel bel mezzo del fottuto sogno americano. I suoi nuovi capi, tutti laureati e più giovani di lui, gli promettono tante cose, tutti i dipendenti della sede di Milano vengono rassicurati con fastose presentazioni di piani per il futuro e le convincenti parole che in Italia l’azienda manterrà due sedi, quella appunto di Milano e quella di Roma dove sorge il quartier generale storico della multinazionale. 



Ma fin da subito si sente che l’aria sta cambiando. I dipendenti a due o tre anni alla pensione vengono convocati dal nuovo capo del personale che fa loro una proposta per il prepensionamento. La proposta viene accettata in blocco. La vita di Fabio continua. Con ritmi più frenetici. La nuova azienda è molto esigente. Il personale negli uffici della sede è in numero minore rispetto a prima per cui parte di ciò che veniva fatto dagli impiegati adesso è ad appannaggio di Fabio e di quelli come lui. Le tecnologie sono più avanzate, ma l’orario di lavoro si è allungato e la remunerazione è sempre la stessa, nonostante che anche il costo della vita sia aumentato: c’è qualcosa che non torna. Nel frattempo l’appartamento di Fabio sembra essere troppo piccolo, per cui decide di acquistare una nuova casa, più bella e più grande; siamo nel 2001, c’è ancora la lira e le banche non fanno problemi ad accordargli un mutuo a tasso variabile di 20 anni. All’inizio del 2002 viene annunciata la chiusura della sede di Milano. 40 persone e quindi 40 famiglie sono nel panico. L’azienda cerca di indorare la pillola dicendo che nessuno verrà licenziato: basta che si trasferisca a Roma. Tutto ciò farebbe ridere se non fosse tragico. Ovviamente nessuno si trasferirà nella capitale, per cui il giovane dirigente che ha deciso tutto ciò riuscirà in un solo colpo a completare il suo subdolo disegno: far risparmiare agli azionisti tanti soldi e per questo ricevere una gratifica e al tempo stesso comunicare di non aver licenziato nessuno ufficialmente, in modo da poter gonfiare il petto nel corso del prossimo meeting. 


Tira una brutta aria adesso, anche perchè si vocifera di nuovi tagli, nuove riorganizzazioni, sono solo voci ma la tensione sale. 2003: arriva un nuovo direttore vendite. In questi anni il fatturato del marchio rappresentato da Fabio è sceso, ma i vertici invece di investire e cercare di lanciare nuovi prodotti sul mercato hanno pensato solo a tagliare i costi, risultato: le azioni sono salite, il marchio si è impoverito e tante persone hanno perso il lavoro, e per questo bel risultato gli artefici di questo disastro economico e sociale sono stati premiati e promossi. Il nuovo direttore sembra avere le idee chiare: “La compagnia crede in questo team, è decisa a fare grossi investimenti, ma dobbiamo fare alcuni sacrifici”. Ovviamente i sacrificati saranno solo i lavoratori, alcuni colleghi di Fabio perderanno il posto di lavoro, sono agenti di commercio, niente sindacati, in teoria sono professionisti, in realtà precari discretamente retribuiti: convocazione, lettera di disdetta, buonuscita e tanti saluti. Fabio schiva il colpo. Anzi gli fanno sentire una rinnovata fiducia: allargamento della zona di competenza, ormai i venditori sono la metà di prima, conseguente aumento di fatturato, ma provvigioni più basse, conseguenza, chilometraggio annuo quasi raddoppiato, orario di lavoro triplicato. 


I fatti del 2004 sono la tragica conseguenza di queste scelte scellerate. Il marchio viene venduto ad un’altra multinazionale. Ormai è stato spremuto e non è più strategico per i signori che contano le azioni. Fabio viene mandato a casa nello stesso modo in cui erano stati salutati i suoi vecchi colleghi. Fabio è stanco. Cerca di ricollocarsi, ma a parte l’esperienza nel campo delle vendite non ha nessun titolo. Le aziende oggi per questo lavoro cercano ragazzini usciti dall’università, carrieristi che dopo un anno di micro esperienza sul campo mal retribuita cercheranno di scalare i vertici di queste aziende che ormai assomigliano tanto a scatole cinesi: persone che vengono misurate e premiate sulla base dei risultati raggiunti a breve termine, privi di lungimiranza, costruttori di valore effimero. Come nel caso di tantissime compagnie che hanno ridotto sul lastrico dipendenti, cleinti e piccoli azionisti. All’inizio del 2006 Fabio non ha ancora trovato un lavoro. Sua moglie è casalinga, i figli vanno ancora a scuola e il mutuo ha cadenza mensile. Fabio è disperato. Non ha mai buttato i soldi, non ha mai fatto il passo più lungo della gamba e nonostante ciò adesso si ritrovava a 54 anni, dopo aver lavorato una vita a dover stare attento a prendere un caffè al bar con gli amici. E’ l’ora di lasciarsi tutto alle spalle, le vecchie compagnie e le false amicizie, riprendere in mano la propria vita e guardare oltre. Comincia a fare lavori saltuari, aiuto ambulante la mattina, cameriere il sabato e la domenica. La moglie va a fare le pulizie due giorni a settimana presso una famiglia del quartiere, così riescono ad andare avanti.

 
Mentre mi racconta tutto ciò dietro i suoi occhiali vedo scendere una lacrima, forse un attimo di nostalgia per il tempo in cui tutto andava bene, ma al tempo stesso lo vedo presente e consapevole di essere venuto quasi fuori del tutto dalla depressione che lo avveva avvolto un paio di anni fa, quando riesce a dichiarasi fortunato perchè comunque ha sempre la sua famiglia che non gli ha fatto mai mancare il sostegno. C’è a chi è andata peggio: due ex colleghi morti suicidi, abbandonati da tutto e tutti. Gli mancano ancora alcuni anni per andare in pensione e l’ultima manovra finanziaria gli ha allontanato il taguardo ancora un un bel pò. Questa è una storia come tante, una storia in cui la dignità di una persona viene messa a dura prova da un sistema marcio, da un modo di vedere la vita nella maniera opposta da quella per cui vale la pena viverla. Un mondo di automi e consumatori, un mondo in cui i padroni del vapore sono coloro che sono riusciti a passare tra una goccia e l’altra durante un temporale senza bangnarsi neanche un pò. 




Andrea

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