Fabio, 60 anni,
brizzolato, aspetto giovanile, il volto segnato dal tempo e
dall’esperienza. Una persona come tante, una brava persona. Fabio
era una persona felice, oggi lo è molto meno. Ma andiamo con ordine.
Di umili origini, trascorre un’infanzia tranquilla nella casa
colonica in un paese del Mugello in provincia di Firenze. Ha la
passione dei cavalli, ne possiede quattro che cavalca regolarmente
per tutta l’adolescenza, appena ha un momento libero, fra la scuola
e il lavoro nei campi dove aiuta suo padre. Passa qualche anno,
rimane orfano nel giro di sei mesi, poco più che ventenne. Una
brutta botta, ma con l’aiuto dei parenti riesce a riorganizzare la
propria vita e tramite uno zio trova lavoro come magazziniere presso
un grossista di ricambi auto nel capoluogo toscano. Vive ormai da
solo, non ha particolari problemi economici, la famiglia gli ha
lasciato qualcosa per non avere l’acqua alla gola, ma il lavoro lo
impegna tutto il giorno, anche perchè due ore vanno via di viaggio.
Il lavoro nei campi è assolto da un parente così come la gestione
dei suoi cavalli.
Fabio è sveglio e
ambizioso. Dopo un pò dal magazzino viene trasferito al banco, a
contatto con i clienti. Qui dimostra di essere ancora più in gamba e
di li ad un anno gli viene proposto di fare il rappresentante.
Accetta. Sono gli anni 80, gli anni del disimpegno politico e
dell’allegria: ha 29 anni, bella presenza e fa un lavoro che ama.
Nel frattempo conosce Claudia, si innamora e dopo 3 anni decidono di
sposarsi. Siamo nel 1987. Vende la casa colonica e compra un
appartamento a Firenze. Sono anni d’oro per Fabio. Riscuote
successo nel lavoro e le offerte da aziende più grandi e importanti
non tardano ad arrivare. Nel 1990 nasce Monica, e lui fa il grande
salto, va a lavorare per una grande azienda di cosmetici, cambiando
totalmente genere. Non ha più a che fare con officine ed elettrauti,
ma con profumerie. Gli anni passano tranquillamente, nel 1994, nasce
Matteo. Il 1996 è un anno un pò difficile, una piccola crisi
economica, il mercato un pò fermo. Nel 1998 l’azienda per cui
lavora viene acquisita da una multinazionale. Gli sembra di essere
nel bel mezzo del fottuto sogno americano. I suoi nuovi capi, tutti
laureati e più giovani di lui, gli promettono tante cose, tutti i
dipendenti della sede di Milano vengono rassicurati con fastose
presentazioni di piani per il futuro e le convincenti parole che in
Italia l’azienda manterrà due sedi, quella appunto di Milano e
quella di Roma dove sorge il quartier generale storico della
multinazionale.
Ma fin da subito si sente
che l’aria sta cambiando. I dipendenti a due o tre anni alla
pensione vengono convocati dal nuovo capo del personale che fa loro
una proposta per il prepensionamento. La proposta viene accettata in
blocco. La vita di Fabio continua. Con ritmi più frenetici. La nuova
azienda è molto esigente. Il personale negli uffici della sede è in
numero minore rispetto a prima per cui parte di ciò che veniva fatto
dagli impiegati adesso è ad appannaggio di Fabio e di quelli come
lui. Le tecnologie sono più avanzate, ma l’orario di lavoro si è
allungato e la remunerazione è sempre la stessa, nonostante che
anche il costo della vita sia aumentato: c’è qualcosa che non
torna. Nel frattempo l’appartamento di Fabio sembra essere troppo
piccolo, per cui decide di acquistare una nuova casa, più bella e
più grande; siamo nel 2001, c’è ancora la lira e le banche non
fanno problemi ad accordargli un mutuo a tasso variabile di 20 anni.
All’inizio del 2002 viene annunciata la chiusura della sede di
Milano. 40 persone e quindi 40 famiglie sono nel panico. L’azienda
cerca di indorare la pillola dicendo che nessuno verrà licenziato:
basta che si trasferisca a Roma. Tutto ciò farebbe ridere se non
fosse tragico. Ovviamente nessuno si trasferirà nella capitale, per
cui il giovane dirigente che ha deciso tutto ciò riuscirà in un
solo colpo a completare il suo subdolo disegno: far risparmiare agli
azionisti tanti soldi e per questo ricevere una gratifica e al tempo
stesso comunicare di non aver licenziato nessuno ufficialmente, in
modo da poter gonfiare il petto nel corso del prossimo meeting.
Tira una brutta aria
adesso, anche perchè si vocifera di nuovi tagli, nuove
riorganizzazioni, sono solo voci ma la tensione sale. 2003: arriva un
nuovo direttore vendite. In questi anni il fatturato del marchio
rappresentato da Fabio è sceso, ma i vertici invece di investire e
cercare di lanciare nuovi prodotti sul mercato hanno pensato solo a
tagliare i costi, risultato: le azioni sono salite, il marchio si è
impoverito e tante persone hanno perso il lavoro, e per questo bel
risultato gli artefici di questo disastro economico e sociale sono
stati premiati e promossi. Il nuovo direttore sembra avere le idee
chiare: “La compagnia crede in questo team, è decisa a fare grossi
investimenti, ma dobbiamo fare alcuni sacrifici”. Ovviamente i
sacrificati saranno solo i lavoratori, alcuni colleghi di Fabio
perderanno il posto di lavoro, sono agenti di commercio, niente
sindacati, in teoria sono professionisti, in realtà precari
discretamente retribuiti: convocazione, lettera di disdetta,
buonuscita e tanti saluti. Fabio schiva il colpo. Anzi gli fanno
sentire una rinnovata fiducia: allargamento della zona di competenza,
ormai i venditori sono la metà di prima, conseguente aumento di
fatturato, ma provvigioni più basse, conseguenza, chilometraggio
annuo quasi raddoppiato, orario di lavoro triplicato.
I fatti del 2004 sono la
tragica conseguenza di queste scelte scellerate. Il marchio viene
venduto ad un’altra multinazionale. Ormai è stato spremuto e non è
più strategico per i signori che contano le azioni. Fabio viene
mandato a casa nello stesso modo in cui erano stati salutati i suoi
vecchi colleghi. Fabio è stanco. Cerca di ricollocarsi, ma a parte
l’esperienza nel campo delle vendite non ha nessun titolo. Le
aziende oggi per questo lavoro cercano ragazzini usciti
dall’università, carrieristi che dopo un anno di micro esperienza
sul campo mal retribuita cercheranno di scalare i vertici di queste
aziende che ormai assomigliano tanto a scatole cinesi: persone che
vengono misurate e premiate sulla base dei risultati raggiunti a
breve termine, privi di lungimiranza, costruttori di valore
effimero. Come nel caso di tantissime compagnie che hanno ridotto
sul lastrico dipendenti, cleinti e piccoli azionisti. All’inizio del 2006
Fabio non ha ancora trovato un lavoro. Sua moglie è casalinga, i
figli vanno ancora a scuola e il mutuo ha cadenza mensile. Fabio è
disperato. Non ha mai buttato i soldi, non ha mai fatto il passo più
lungo della gamba e nonostante ciò adesso si ritrovava a 54 anni,
dopo aver lavorato una vita a dover stare attento a prendere un caffè
al bar con gli amici. E’ l’ora di lasciarsi tutto alle spalle, le
vecchie compagnie e le false amicizie, riprendere in mano la propria
vita e guardare oltre. Comincia a fare lavori saltuari, aiuto
ambulante la mattina, cameriere il sabato e la domenica. La moglie va
a fare le pulizie due giorni a settimana presso una famiglia del
quartiere, così riescono ad andare avanti.
Mentre mi racconta tutto
ciò dietro i suoi occhiali vedo scendere una lacrima, forse un
attimo di nostalgia per il tempo in cui tutto andava bene, ma al
tempo stesso lo vedo presente e consapevole di essere venuto quasi
fuori del tutto dalla depressione che lo avveva avvolto un paio di
anni fa, quando riesce a dichiarasi fortunato perchè comunque ha
sempre la sua famiglia che non gli ha fatto mai mancare il sostegno.
C’è a chi è andata peggio: due ex colleghi morti suicidi,
abbandonati da tutto e tutti. Gli mancano ancora alcuni anni per
andare in pensione e l’ultima manovra finanziaria gli ha
allontanato il taguardo ancora un un bel pò. Questa è una storia
come tante, una storia in cui la dignità di una persona viene messa
a dura prova da un sistema marcio, da un modo di vedere la vita nella
maniera opposta da quella per cui vale la pena viverla. Un mondo di
automi e consumatori, un mondo in cui i padroni del vapore sono
coloro che sono riusciti a passare tra una goccia e l’altra durante
un temporale senza bangnarsi neanche un pò.
Andrea
un articolo davvero toccante
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