Si spegneva, quarant’anni fa, passando a nuova e più nobile vita, il poeta, scrittore, condottiero Yukio Mishima.
Autore di assoluta importanza, drammaturgo d’eccellenza, incarnazione dello spirito più puro del popolo Giapponese, praticava il suicidio rituale, il cosiddetto “seppuku”, nella stanza del Ministero della Difesa giapponese, da lui e dal suo manipolo di uomini occupato simbolicamente.
Fu in vita strenuo oppositore della resa morale e materiale del suo popolo alle potenze vincitrici, per questo estromesso dal dibattito letterario internazionale, esempio di coraggio, dedizione, militanza.
Fu Egli arte ed azione, penna e spada, inchiostro e sangue.
A quarant’anni dalla morte, lo ricordiamo con le Sue stesse parole.
"La maggior sciagura per un uomo d'azione è di non morire, neanche dopo aver raggiunto un ultimo punto giusto".
"La vita umana è strutturata in modo tale che soltanto guardando in faccia la morte possiamo comprendere la nostra autentica forza e il grado del nostro attaccamento alla vita. [...] Una vita a cui basti trovarsi faccia a faccia con la morte per esserne sfregiata e spezzata, forse non è altro che un fragile vetro."
"Nel mare che circonda il Giappone circola ancora il sangue. Il sangue versato da schiere di giovani forma il nucleo delle maree. Non l'avete mai veduto? Noi lo distinguiamo chiaramente sulla superficie, nelle notti di luna. Il sangue versato invano tinge i neri flutti. Ondeggia una rossa corrente, vaga intorno a queste piccole isole ululando tristemente come una belva.
“Non posso continuare a nutrire speranze per il Giappone futuro. Ogni giorno si acuisce in me la certezza che, se nulla cambierà, il “Giappone” è destinato a scomparire. Al suo posto rimarrà, in un lembo dell’Asia estremo-orientale, un grande Paese produttore, inorganico, vuoto, neutrale e neutro, prospero e cauto.
Con quanti ritengono che questo sia tollerabile, Io non intendo parlare.”
Tommaso
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