martedì 17 agosto 2010

SESSUALITA’ E CONFLITTO

ECCO COSA UCCIDE LA SOCIETA’ DEL POLITICAMENTE CORRETTO


A guardare un talk show politico, a sentire un discorso di uno dei benpensanti, degli ideologi della società contemporanea del politically-correct, sembra che non ci sia niente di peggio del
conflitto
.

Il conflitto, la guerra, lo scontro, comunque lo vogliate chiamare, è quanto di più antitetico vi sia rispetto alla società contemporanea, anestetizzata e resa asettica, ha abolito lo scontro moralizzando l’azione pubblica (il Machiavelli del “Principe” chissà quante volte si sarà rivoltato nella tomba). Va da sé che, parafrasando Schmitt, se non c’è conflitto, non c’è politica.

Osservando la società contemporanea da un altro punto di vista (ugualmente importante per capire le dinamiche sociali), dal punto di vista della sessualità, si scorge più o meno un parallelo, ovvero il fatto che, così come abbiamo disinnescato il conflitto, abbiamo anche desessualizzato la sessualità. Ciò non vuol dire che anche qua abbiamo imposto il filtro della morale, tutt’altro: abbiamo accettato e sdoganato (per esempio in televisione) il sesso e ciò che attiene alla sessualità, in modo da renderlo blando, pacifico, placido e, anch’esso,
anestetizzato
.

Se ciò vale tanto per il conflitto, non poteva non valere per la sessualità, categorie
intrinsecamente legate.

Il risultato del disinnesco del conflitto e della sua “moderazione”, ovvero dell’introduzione della categoria della morale nella lettura del conflitto, si traduce in termini pratici nell’adozione della categoria del “nemico assoluto”. Così come storicamente quest’operazione si è concretizzata nell’introduzione del “reato contro l’umanità” (un reato che scavalca ogni ordinamento giuridico di ogni unità territoriale proprio perché disattende la categoria della Morale, categoria ritenuta universale), nel livello particolare, ogni persona che rifiuta la moderazione, rifiuta il disinnesco del conflitto in nome della sublimazione dello scontro, o non accetta la categoria della Morale, diviene automaticamente il nemico assoluto.

Ciò avviene per esempio quando si fa assurgere l’aggettivo “democratico” al più alto dei valori politici, implicitamente escludendo tutti coloro che rifiutano questa connotazione moralistica ad un qualcosa che non è niente più che un metodo.

Bene, nell’utopia della società deconflittualizzata, anche la sessualità non può essere completamente e solo sessuale, ma anch’essa, in un certo qual modo, deve divenire un po’ "democratica". Nel rapporto sessuale non c’è più quel conflitto che gli antichi greci o gli antichi romani (consci, grazie alla loro paganitas, del legame tra sessualità e conflitto, tra amore ed odio) sublimavano a tutti i livelli.

Adesso che non c’è più trasgressione, l’unica “trasgressione” propriamente detta è leggere il conflitto all’interno del rapporto, poiché tutto deve essere profondamente pacifico. La “volgarità” assume un significato del tutto nuovo, viene interpretata dialetticamente e declinata quando va bene ad un residuato di cultura “maschilista”, quando va male bollata come violenza.
Va bene sdoganare tutto, non v’è tabù a nessun livello, ma bisogna prima di tutto rendere pacifico ogni comportamento, ed in secondo luogo scientifico.

Se si è visto almeno una volta uno dei programmi di educazione sessuale di MTV (Loveline, un esempio su tutti), risulta lampante ciò che sto affermando. Una retorica scientifica piena di termini tecnici che però risvegliano un qualcosa nel subconscio del telespettatore. Retorica scientifica al servizio dell’erezione, o meglio della semi-erezione dell’epoca dei Viagra. Passione edulcorata e politically-correct per una sessualità asettica.

Chissà se prima o poi il “pene” sostituirà per sempre ed a tutti i livelli il più familiare e genuino “cazzo”, probabile, vista la propensione alla moralizzazione lessicale. Fatto sta che il maschio è sempre meno maschio e la femmina sempre meno femmina. Un ibrido perfettamente educato dai sessuologi ma impotente nella sua correttezza lessicale si presenta all’orizzonte.

Se n’è accorto Massimiliano Parente che nel suo recente “La Casta dei RadicalChic” scrive: “[…] c’è da capirli. Hanno come background storico l’amore libero del Sessantotto (dove ogni copula è serafica, collettiva, transustanziante, zen, unificatrice come un giro di canna, gratta gratta più affine ad un meeting di Comunione&Liberazione che a una gangbang di Rocco Siffredi), se non il femminismo sempiterno ed il pacifismo totale…”

Risvegliare il senso dell’umorismo di fronte a questo cervellotico scientismo, riabilitare un po’ di volgarità in questo stagno del politically correct, rivoglio i simboli fallici sui muri! Basta con Freud, basta col femminismo per cui tutto è stupro ed usurpazione. Vi potete tenere i vostri Loveline, ridatemi Fumagalli col suo Sexy bar, vi ridò volentieri Camila Raznovich, ridateci Smaila e le ragazze cincin di Colpo Grosso.

Tommaso

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