Premessa
Nine
Inch Nails (letteralmente: "Chiodi da nove pollici")
è uno dei progetti musicali più affascinanti (e discussi) degli
ultimi vent'anni. Ripercorrere la sua storia significa prendere
contatto con l'esperienza di un'intera generazione, vissuta a cavallo
fra gli anni '90 e i 2000, cresciuta in un mondo in accelerazione
esponenziale ma senza una meta da raggiungere. Musicalmente
avanguardista, contaminatrice, innovativa, Nine Inch Nails è un
progetto "meccanico", o per meglio dire "meccanizzato".
Alle sonorità tipiche dell'industrial metal, si aggiunge la maestria
melodica di un musicista di primissimo ordine qual'è Trent Reznor.
Immagate
un essere umano, il suo flusso di emozioni, la sua complessa
archittettura mentale, la fluidità del suo movimento, la morbidezza
dei suoi tessuti. Calatelo dentro un inferno meccanico, oleoso,
puzzolente di grasso e di sudore, dominato dallo stridere angosciante
degli ingranaggi, dalla ripetitiva velocità delle turbine, reso
incandescente da vapori violenti e corroso da liquidi acidi. L'uomo
come è, o come dovrebbe essere, cerca di sopravvivere dentro al
questa "affascinante macchina dell'odio" della quale
egli è ingranaggio e vittima allo stesso tempo. La sua simbiosi con
un ambiente ostile si concretizza in un processo di adattamento fisico e
mentale: il flusso emotivo diventa una ripetitiva sequenza di
informazioni assemblate e semplificate, il processo mentale si
inceppa, si arrotola su sè stesso, la stessa concezione di dignità,
rispetto, stima per sè stessi e per il mondo perde di significato,
la testa di riempie del carburante necessario per far andare avanti
la macchina: l'odio verso sè stessi e verso il mondo. Il corpo si
mortifica, diventa flaccido, perchè manca della motivazione
necessaria alla bellezza, ovvero l'affermazione personale in sintonia
con l'affermazione del mondo del quale si fa parte. Prevale l'istinto
più aggressivo, unico principio di oggettivazione personale. In
tutto questo l'anima dell'uomo, contorta, umiliata e portata al
delirio, urla il suo disagio. Da questo pianto straziante emergono
alcuni dei più grandi capolavori degli ultimi due decenni.
Prima
di immergerci nel racconto (personale s'intende, non avendo mai avuto
il piacere di conoscere Trent Reznor) di ciò che sono e sono stati i
Nine Inch Nails, una premessa è d'obbligo. La musica è espressione.
Essa proviene dalla società, la interpreta, la scompone in note e
parole e la ricompone secondo i più svariati processi mentali. La
musica trae la sua materia prima dal mondo, la riorganizza secondo
una logica concettuale ed estetica, e la sbatte sui denti
dell'umanità. La musica di cui parleremo nei prossimi capitoli non
ha nessuna ambizione pedagogica. Non intende insegnare, promuovere o
indicare la via, ma soltanto esprimere stati d'animo. Non vi
aspettate di trovare in queste pagine la descrizione di uomini
esemplari che esaltano il bene. Preparatevi piuttosto ad entrare nel
mondo delle paure, delle ansie, delle paranoie che affliggono tutti
gli esseri umani, ma che pochi sono riusciti ad esprimere così bene
come hanno fatto Reznor ed i Nine Inch Nails.
L'Affascinante
Macchina dell'Odio
La storia inizia con un
bambino di cinque anni, nato nel 1965 a Mercer, in Pennsylvania, ed
il suo pianoforte. I suoi genitori avevano divorziato da pochi mesi e
Trent Reznor, così si chiamava il piccolo, era finito a vivere dai
nonni materni. Questi avevano da subito riconosciuto l'attitudine di
Trent per la musica, e lo avevano incoraggiato a seguire corsi di
pianoforte. All'età di 6 anni, il ragazzino già eseguiva
perfettamente Mozart. Nel corso dell'infanzia imparò a suonare anche
sassofono e tuba, partecipando a parecchi eventi musicali organizzati
dalla scuola. Appassionato di elettronica, iniziò i suoi studi in
ingegneria informatica, venendo per la prima volta a contatto con i
sistemi elettronici di produzione e missaggio della musica.
La vita nel paesino di
campagna nel quale risiedeva si svolgeva secondo i ritmi tipici del
mondo rurale, e Trent, desideroso di entrare in contatto con la scena
musicale del nascente heavy metal americano, viveva con insofferenza
la sua permanenza in Pennsylvania. Questo non significa che la sua
vita giovanile fosse stata particolarmente travagliata. A differenza
di tanti grandi artisti del suo tempo, alle sue spalle non aveva
un'infanzia particolarmente difficile. Semplicemente il suo orizzonte
mentale si estendeva oltre quello di una modesta cittadina di
agricoltori. Così, appena dopo un anno di studi, si ritirò dalla
scuola e si trasferì a Cleveland, abbandonando il gruppo nel quale
militava come tastierista (gli Option 30). Dopo alcuni mesi
passati insieme ai The Innocent, Reznor
entrò in pianta stabile negli Exotic Birds, una
band Sinth Pop con la quale apparve nel film Light of Day
con il nome fittizio di The Problems. Nel
frattempo iniziò a lavorare presso i Right Track Studio
come assitente. In questa veste,
ebbe occasione di venire a contatto con tutte le tecnologie studio
necessarie a produrre e missare musica in autonomia. Una miniera
d'oro per Reznor, che di lì a poco chiese ed ottenne il permesso di
registrare i propri pezzi nei momenti liberi.
ASCOLTA "Purest Feeling"
(questa è una delle prime canzoni scritte da Reznor per i NIN.
Titletrack della demo promozionale,
non è mai finita in nessuna
pubblicazione ufficiale della band. Altri pezzi contenuti nel disco
sono
andati invece a conporre Pretty Hate Machine)
Non
avendo una band da coinvolgere nella registrazione dei pezzi, Trent
decise di cimentarsi in tutti gli strumenti che gli sarebbero
serviti, eccezion fatta per la batteria. Dalle registrazioni uscì
una serie di demo, e da queste una selezione promozionale che egli
chiamò Purest Feeling. Inviò
il materiale a tutte le case discografiche che conoscesse, ed ottenne
numerosi apprezzamenti, tra i quali quelli della TVT
Records, che accettò di
produrre il suo disco d'esordio. Si giunse così al 1989, con la
pubblicazione del primo singolo, "Down in It" e
del debut album "Pretty Hate Machine" (tradotto
"Affascinante Macchina dell'Odio").
ASCOLTA "Pretty Hate Machine"
(Album Completo)
(didascalia:
la versione quì offerta in libero ascolto è una rimasterizzazione
del 2010,
dal suono più pulito rispetto all'originale. Tracklist e
contenuti sono per il resto aderenti
alla prima stampa dell'album,
fatta eccezione per l'undicesima traccia,
cover del brano dei Queen
Get Down, Make Love)
Il
disco, registrato in varie parti del mondo quasi esclusivamente da
Reznor, secondo lo stesso principio compositivo di Purest
Feeling, e
dette all'autore la possibilità di confrontarsi con produttori del
calibro di Flood (Mark Ellis, collaboratore di numerosi gruppi di
fama internazionale come Depeche
Mode, U2, New Order, Smashing Pumpkins, Nick Cave e
molti altri) Adrian Sherwood (produttore di Skinny
Puppy, Primal Scream, Pop Will Eat Itself )
e John Frier (Componente dei This
Mortal Coil e
produttore di Stabbing
Westward, Gravity Kills e
numerosi altri gruppi della scena industrial rock).
Questa
la tracklist:
- Head Like a Hole
- Terrible Lie
- Down in It
- Sanctified
- Something I Can Never Have
- Kinda I Want To
- Sin
- That's What I Get
- The Only Time
- Ringfinger
Riportando
un ottima recensione di Piero Scaruffi, autore di numerosi saggi
sulla storia del rock e sulla musica in generale:
"Pretty
Hate Machine
(TVT, 1989) fu un disco-avvenimento. Le liriche nichiliste e le
atmosfere claustrofobiche ne fecero anche qualcosa di piu`: una sorta
di manifesto/ diario di un'intera generazione. Cio' in cui eccelle
Reznor e` proprio nel rendere in musica la ferocia, la rabbia, lo
spirito di ribellione che permeano queste odi all'alienazione dei
teenager. Le atmosfere nevrotiche di Terrible
Lie
ricordano i brani techno-funk piu` plumbei di Peter Gabriel.
L'espressionismo di Reznor nasce qui, da queste frasi sconnesse
(prima bisbigliate e poi urlate), da queste violenti sincopi
metalliche, da queste scudisciate di tastiere in staccato, da questi
sudari agghiaccianti di elettronica. I poliritmi farraginosi di Kinda
I Want To
sono sullo stesso piano di un pop post-Gabriel, con l'aggiunta di
schitarrate punk-rock. Reznor comunica la stessa viscerale paura
anche attraverso un rap, Down
In It,
sempre alla sua maniera cannibale.
Vertice dell'opera e' Head Like A Hole, che e` fondamentalmente un bruttissimo rhythm and blues cantato con foga satanica e propulso da un incalzante battito elettronico. In questo brano sono piu' evidenti i debiti verso il synth-pop decadente idi Billy Idol. E synth-pop sono anche, fondamentalmente, le progressioni sinfoniche di Sin e il balletto conclusivo di Ringfinger.
La tensione rimane al limite della psicosi omicida anche nei brani piu` calmi: nello shuffle febbrile di Sanctified, recitato sotto tono ma carico di angoscia, e nel recital ancor piu` sfumato di Something I Can Never Have, ballata disperata immersa in un paesaggio deturpato da rumori metallurgici e prosciugato da lunghe pause di lontani rimbombi, nel funk grottescamente deformato di The Only Time (uno dei pochi brani in cui la musica prevale sulla voce).
Rispetto ai colleghi "industriali", Reznor sapeva soprattutto cantare, e usava la voce con tutta la sua spaventosa potenza. Reznor fu il primo grande cantante della musica industriale.
Le partiture strumentali preparano il terreno per i lo show canoro. Reznor non ha paura di comporre musica non-lineare, in cui manca il ritornello, in cui i ritmi si spappolano nel momento in cui dovrebbero incalzare o in cui non esistono strumenti melodici. Reznor non ha paura di lasciare la voce sola a rantolare in un cespuglio di ritmi spinosi."
Il
disco ebbe un notevole successo, e lanciò i Nine Inch Nails sulla
scena internazionale, diventando per tre volte disco di Platino, con
tre milioni di copie vendute nei soli Stati Uniti. Dall'opera furono
tratti tre singoli anch'essi di grande successo, il promozionale Down
in It, la
maintrack Head
like a Hole
ed il brano Sin.
Quì
di seguito riportiamo le liriche della prima canzone del disco,
un'accesa critica al materialismo e al culto del denaro.
"god money i'll do
anything for you
god money just tell me
what you want me to
god money nail me up
against the wall
god money don't want
everything he wants it all
no you can't take it
no you can't take it
no you can't take that
away from me
head like a hole
black as your soul
i'd rather die
than give you control
bow down before the one
you serve
you're going to get
what you deserve
bow down before the one
you serve
you're going to get
what you deserve
god money's not looking for the cure
god money's not
concerned with the sick amongst the pure
god money let's go
dancing on the backs of the bruised
god money's not one to
choose"
Il
lancio del disco fu preceduto da un tour nordamericano, per il quale
Reznor assemblò una line up:
Trent
Reznor: voce e chitarra
Chris
Vrenna: Tastiere, Programming
Ron
Musarra: Batteria
Successivamente
all'uscita del disco iniziò una serie di altri sette tour, uno dei
quali europeo, a promozione di Pretty Hate Machine, culminati
nella partecipazione della Band al primo Lollapalooza Festival.
Durante gli ultimi due di questi tour, la band iniziò a suonare
alcuni brani che avrebbero rappresentato la colonna sonora del
successivo capolavoro, Broken.
Francesco
articolo molto particolare, ma dettagliato ed emozionante.
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