lunedì 31 gennaio 2011

UN GIORNO DELLA MIA VITA - Parte 3

"Lo sbirro che mi aveva appena parlato era ‘A- ’. Era senza cuore, astuto e intelligente quando la questione era picchiare uomini nudi. Non c’erano attacchi fisici da parte sua. Tutto puramente psicologico e trucchi astuti.. era dentro un costante ego-trip, ma alla fine non erano tutti così una volta indossata l’uniforme nera con i bottoni scintillanti e aver impugnato il manganello e la pistola?"

Aprile 1916 - James Connolly fu il tredicesimo dei partecipanti irlandesi dell‘Easter Rasing ad essere fucilato nella cortile di Kilmainham jail a Dublino, era ferito gravemente e fu fatto sedere, bendato e fucilato come gli altri dodici camerati che poco prima avevano subito lo stesso destino. Quando la notizia di una tale barbarie si diffuse all’esterno dei muri della prigione, allora, la gente irlandese cominciò a cambiare o pinione e a considerare forse la violenza come unica possibilità di reazione ad una situazione che stavano subendo da troppo tempo. In quel momento il re d’Inghilterra prese posizione contro queste atrocità decidendo lo stop delle esecuzioni. Egli stesso poi non permise che De Valera, cittadino americano, uno dei più ferventi partecipanti dell’Easter Rising, subisse lo stesso destino, avrebbe potuto mettere in discussione l’alleanza con gli Stati Uniti sulla quale l’Inghilterra contava in un periodo così delicato come l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Tutto calcolato, tutto motivato da interessi ben altro che umanitari.

Non c’era tempo né spazio per i discorsi o per le risoluzioni pacifiche, non ci si poteva sottrarre perché ciò significava arrendersi e subire, Bobby e i suoi camerati non possono più neanche ribellarsi fisicamente perché sono rinchiusi, torturati, appena sfamati, sono sottoposti a torture costanti. Il popolo irlande se non ha mai avuto scelta, o soccombere o combattere e combattere significò per Bobby perdere la propria vita per difendere il proprio diritto di esistere libero nella propria nazione. E noi oggi, noi abbiamo veramente una scelta? Oppure non si tratta di nient’altro che di una finta scelta, non si tratta forse di un’astuzia moderna? Di un’ennesima arma letale, quella di farci credere in una libertà che non esiste, di farci avere dei diritti fittizi, dei segni di umanità laddove, dietro il palcoscenico, questi diritti e questa libertà sono invece infranti e a noi sottratti ogni giorno.


Forse qualcuno gioca con la nostra stessa intelligenza, con la nostra capacità di articolare riflessioni e analizzare la realtà, qualcuno omette informazioni o ci dirige verso uno stato di quiete o di ribellione entrambi necessari a mantenere la situazione stabile in un’apparenza di cambiamento in atto. Guarda te stesso oggi e ricorda che solo trent’anni fa in Irlanda Bobby stava morendo di fame per rivendicare il proprio diritto di essere libero. Ma non t’accorgi che la tua libertà fatta di dolcetti a portata di mano in realtà è una droga per assopire il tuo desiderio di vera libertà?


Dovremmo forse organizzare uno sciopero della fame collettivo per ricordare a noi stessi e agli altri la verità del nostro corpo, dei suoi bisogni fisici e spirituali? Sono sempre più convinta che sì, ci manca il sudore sulla fronte, il dolore nei muscoli, la fame e la sete, nessuno sa più cosa vuol dire vivere, nessuno sa più cosa vuol dire provare dolore, l’importanza di provare dolore, il senso che dà alle cose e alla vita, l’altra faccia della medaglia della gioia.


Per ricordare Bobby Sand ma anche tutti gli uomini e le donne che nella storia sono morti in nome della Verità.

"Come sarà fra sei mesi? Sarò vivo fra un anno? Solevo preoccuparmi di ciò, rigirando questo pensiero per ore nella mia mente. Ma non più! Perché è l’unica cosa che possono farmi ancora: uccidermi! Lo so già da un po’ e Dio sa che non è per mancanza di tentativi che non ci sono ancora riusciti con qualcuno di noi! Ma sono determinato a non arrendermi mai. Possono fare ciò che vogliono con me ma non mi inginocchierò mai né gli permetterò di criminalizzarmi. Lo trovo sorprendente ascoltarmi dichiarare di essere pronto a morire piuttosto che soccombere alla tortura opprimente e so che non sono da solo, che molti dei miei camerati hanno nel cuore lo stesso sentimento. E pensai ai miei camerati deceduti. I miei amici che stettero al mio fianco un giorno e morirono quello dopo. Ragazzi e ragazze come me, nati e cresciuti nel ghetto nazionalista di Belfast per essere assassinati da soldati stranieri e fortunati teppisti settari. Quanti di loro sono stati ammazzati attraverso il territorio delle sei province occupate. Troppi! Un ragazzo e una ragazza erano già troppi! Quanti irlandesi moriranno ancora? Quante vite saranno perse ancora prima che gli inglesi decidano di averne assassinati abbastanza e saranno forzati ad abbandonare l’Irlanda per sempre? Dentro e fuori la prigione è sempre stato lo stesso – l’oppressione incalza da tutte le parti. In ogni angolo di strada figura un soldato britannico, ogni strada avendo subito la sua porzione di sofferenza e dolore. Ero orgoglioso di star resistendo, di star combattendo. Non potevano sconfiggerci fuori; ci stanno torturando senza pietà dentro i loro buchi d’inferno e hanno fallito di sconfiggerci ancora. Ero spaventato ma sapevo che non mi sarei mai arreso."



Leda



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