"Chi, tra coloro che si definiscono filantropi e che poi hanno mantenuto il loro silenzio riguardo agli H-Blocks, chi, tra di loro, ha poi messo un nome su questo tipo di umiliazione, quando uomini sono forzati dall’estrema tortura al punto da intraprendere uno sciopero dello sporco per denunciare l’inumanità con la quale sono trattati!"
La dirty protest e la blanket protest furono organizzate dai membri dell’IRA per riottenere lo statuto di prigionieri politici che era stato abolito dagli inglesi dopo il 1’ marzo del 1976.
Come succede ancora oggi in tutto il mondo ciò che viene riportato dai notiziari è ciò di cui le persone prendono atto e denunciano o meno in base a come la notizia è riportata e all’interesse del principale partito politico e degli uomini di potere di quella particolare nazione.
Sembra che da secoli ci sia una tendenza che accomuna uomini di potere, politici o intellettuali di popoli e culture diverse, e questa tendenza si chiama ipocrisia. Ci sono dei valori, delle aspirazioni a cui ogni uomo, per il fatto di essere uomo e non animale, è portato a desiderare, ma c’è anche una grande incapacità ad ammettere la forza opposta a queste aspirazioni e desideri, quella forza animalesca che ci dirige verso la sopraffazione e il raggiungimento di obbiettivi egoisti.
Da questo conflitto irrisolto nasce l’ipocrisia che accomuna uomini di diverse razze, culture e religioni sulla base della loro incapacità ad ammettere agli altri ma soprattutto a se stessi l’infondatezza delle loro idee e l’artificiosità di discorsi che dietro a finte profondità politiche, filosofiche o esistenziali nascondono tendenze narcisiste e desideri di seduzione.
Questi uomini da sempre esistiti, poiché tendenze di questo tipo sono naturali tanto quelle che corrono nella direzione opposta, erano presenti sulla scena politica o storica 1000 come 40 anni fa come oggi stesso, questi uomini sono gli stessi che parlavano di umanitarismo negli anni settanta in Irlanda, gli uomini a cui Bobby fa riferimento nel passo appena riportato e che pur consapevoli di quello che stava succedendo negli H-Block della prigione di Long Kesh a Belfast rimangono a tacere per convenienza e per paura di mettere a rischio gli equilibri anglo-irlandesi stabiliti a tavolino da politici e uomini di potere.
La situazione non è così semplice, c’è chi tra gli irlandesi è stanco delle centinaia di anni di sangue sparso per le strade, il sangue dei propri figli, delle future generazioni. Sangue irlandese e non, come quello di famiglie britanniche ormai emigrate 300 o più anni fa e che considerano questa terra loro tanto quanto le famiglie irlandesi. La situazioni non è così semplice. Non si possono tracciare confini, definire le parti, prendere una posizione netta quando all’interno della propria famiglia ci sono membri sia protestanti che cattolici.
Non per questo però, perché la situazione è difficile, non si può trovare un obbiettivo comune e questo dev’essere quello della chiarezza e della verità, una verità che non può certo essere riassunta in una frase e nemmeno in un libro ma dev’essere soddisfatta da una continua ricerca e analisi che colga gli infiniti punti di vista di cui la realtà è costituita.
C’è qualcosa che colpisce profondamente riguardo a Bobby Sand, un ragazzo irlandese di soli 27 anni che ha speso la maggior parte della sua vita, nove anni, in prigione, con l’accusa di ribellarsi ad una situazione che non ha altra soluzione se non quella della risposta violenta perché è proprio questa soluzione che è stata disegnata dai trattati di Kilkenny e che gli inglese auspicano per garantire il loro controllo su un territorio che non gli appartiene.
Gli inglesi vogliono i ribelli, vogliono imprigionarli e picchiarli, torturarli, condannarli a morte, vogliono sottometterli ben consapevoli che questa è l’unica arma per rubare la libertà alle persone, libertà che è motore della vita. Se potessero li metterebbero tutti a morte se questo fosse ancora accettato negli anni sessanta ma non lo è più, o almeno non lo è più apertamente a causa dell’ondata di politicamente corretto dietro alla quale oggi si nascondo i più grandi orrori perpetrati contro il genere umano in favore di obbiettivi che permettono la ricchezza di un gruppo ristretto di persone.
Come succede ancora oggi in tutto il mondo ciò che viene riportato dai notiziari è ciò di cui le persone prendono atto e denunciano o meno in base a come la notizia è riportata e all’interesse del principale partito politico e degli uomini di potere di quella particolare nazione.
Sembra che da secoli ci sia una tendenza che accomuna uomini di potere, politici o intellettuali di popoli e culture diverse, e questa tendenza si chiama ipocrisia. Ci sono dei valori, delle aspirazioni a cui ogni uomo, per il fatto di essere uomo e non animale, è portato a desiderare, ma c’è anche una grande incapacità ad ammettere la forza opposta a queste aspirazioni e desideri, quella forza animalesca che ci dirige verso la sopraffazione e il raggiungimento di obbiettivi egoisti.
Da questo conflitto irrisolto nasce l’ipocrisia che accomuna uomini di diverse razze, culture e religioni sulla base della loro incapacità ad ammettere agli altri ma soprattutto a se stessi l’infondatezza delle loro idee e l’artificiosità di discorsi che dietro a finte profondità politiche, filosofiche o esistenziali nascondono tendenze narcisiste e desideri di seduzione.
Questi uomini da sempre esistiti, poiché tendenze di questo tipo sono naturali tanto quelle che corrono nella direzione opposta, erano presenti sulla scena politica o storica 1000 come 40 anni fa come oggi stesso, questi uomini sono gli stessi che parlavano di umanitarismo negli anni settanta in Irlanda, gli uomini a cui Bobby fa riferimento nel passo appena riportato e che pur consapevoli di quello che stava succedendo negli H-Block della prigione di Long Kesh a Belfast rimangono a tacere per convenienza e per paura di mettere a rischio gli equilibri anglo-irlandesi stabiliti a tavolino da politici e uomini di potere.
La situazione non è così semplice, c’è chi tra gli irlandesi è stanco delle centinaia di anni di sangue sparso per le strade, il sangue dei propri figli, delle future generazioni. Sangue irlandese e non, come quello di famiglie britanniche ormai emigrate 300 o più anni fa e che considerano questa terra loro tanto quanto le famiglie irlandesi. La situazioni non è così semplice. Non si possono tracciare confini, definire le parti, prendere una posizione netta quando all’interno della propria famiglia ci sono membri sia protestanti che cattolici.
Non per questo però, perché la situazione è difficile, non si può trovare un obbiettivo comune e questo dev’essere quello della chiarezza e della verità, una verità che non può certo essere riassunta in una frase e nemmeno in un libro ma dev’essere soddisfatta da una continua ricerca e analisi che colga gli infiniti punti di vista di cui la realtà è costituita.
C’è qualcosa che colpisce profondamente riguardo a Bobby Sand, un ragazzo irlandese di soli 27 anni che ha speso la maggior parte della sua vita, nove anni, in prigione, con l’accusa di ribellarsi ad una situazione che non ha altra soluzione se non quella della risposta violenta perché è proprio questa soluzione che è stata disegnata dai trattati di Kilkenny e che gli inglese auspicano per garantire il loro controllo su un territorio che non gli appartiene.
Gli inglesi vogliono i ribelli, vogliono imprigionarli e picchiarli, torturarli, condannarli a morte, vogliono sottometterli ben consapevoli che questa è l’unica arma per rubare la libertà alle persone, libertà che è motore della vita. Se potessero li metterebbero tutti a morte se questo fosse ancora accettato negli anni sessanta ma non lo è più, o almeno non lo è più apertamente a causa dell’ondata di politicamente corretto dietro alla quale oggi si nascondo i più grandi orrori perpetrati contro il genere umano in favore di obbiettivi che permettono la ricchezza di un gruppo ristretto di persone.
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