mercoledì 8 febbraio 2012

JULES VERNE: Lunga vita ai sogni!

L'8 febbraio 1828 nasceva uno degli ultimi sognatori del mondo della letteratura.

Nessuno infatti, durante il 1800 avrebbe mai potuto immaginare, che i romanzi di fantascienza di Jules Verne, si sarebbero trasformati in meno di un secolo nella realtà di tutti i giorni. Jules Verne era un uomo che amava l'avventura, che amava descriverla in modo scientifico, basando i suoi racconti su proiezioni di quella tecnologia industriale che prendeva sempre più campo, e che prometteva di sconvolgere per sempre i tradizionali limiti fisici dell'uomo.

Già ad 11 anni il piccolo Jules scappa di casa per imbarcarsi clandestinamente sulla nave "Coralie" destinazione Indie, in cerca di quelle avventure e di quei mondi lontani ancora così misteriosi alla maggioranza dell'umanità; scoperto poco prima della partenza, viene riportato a casa dal padre.

Il padre di Jules, un avvocato, sogna per il figlio un avvenire con la toga, ma il figlio non è dello stesso parere, così dopo pochi anni decide di interrompere gli studi di giurisprudenza per dedicarsi alla scrittura di commedie teatrali. Dopo qualche insuccesso, pubblica il primo romanzo "cinque settimane in pallone" che riscuote grande successo e che permetterà a Verne di poter finalmente viaggiare, scoprendo così terre ancora molto sconosciute come Scozia e Scandinavia. In seguito ad altri successi letterari acquisterà un battello con il quale percorrerà in lungo e in largo il canale della Senna e della Manica.

Nel 1886 in seguito ad un attentato sarà costretto a vivere per sempre su una sedia a rotelle, che gli impedirà di proseguire i suoi tanto amati viaggi e che lo porteranno anche ad un'analisi sempre più combattuta tra il positivo progresso della scienza e il modo spesso distruttivo di utilizzo da parte dell'uomo.

Nel 1897 pubblica "i cinquecento milioni della Begùm", un romanzo che mette in risalto questo suo dilemma sul futuro dell'umanità, tra la passione per le novità tecnologiche e il doveroso rispetto verso la natura: uno scienziato francese, ricevuta una grossa somma di denaro in eredità, decide di utilizzarla per costruire Franceville, una città nuova situata ad ovest, dove le migliorie tecniche e sociali in fatto di igiene e condizioni di vita saranno le colonne portanti di una nuova società in armonia con il lavoro e la natura. Stahlstadt, città dell'acciaio, posizionata ad est, invece non ha nessuna remore nei confronti dell'ambiente che la circonda, concepisce il lavoro in modo alienante e tenterà in tutti i modi di distruggere Franceville. Anche se quando l'ha scritto i riferimenti di Stahlstadt erano alla Prussia di Bismarck, è impossibile non ritrovare ad un'attenta lettura, la grande sfida della seconda guerra mondiale, con la Germania che (come Franceville) crea città abbellite da marmi e opere di grande utilità pubblica, con una fortissima attenzione sanitaria e con una filosofia del lavoro come mezzo e non fine dell'esistenza, e l'URSS che invece costruisce città dove enormi blocchi di cemento sono le nuove abitazioni di una popolazione robotizzata, dove acciaio e carbone sovrastano senza pietà ogni angolo di verde, dove tutto deve rimanere rinchiuso nell'ottica del lavoro e dove le persone vivono sempre più isolate dal mondo esterno.


Così, nell'anniversario della sua dipartita, mi chiedo se ci sarà mai un nuovo Verne, un visionario secondo molti critici dell'epoca, in realtà un lucido sognatore, che credeva nella possibilità di una perfetta coabitazione tra il progresso tecnologico-scientifico e la natura, e che nei suoi tanti racconti ci ha fatto viaggiare con la mente, rendendoci veri protagonisti di un mondo ormai sempre più senza fantasia.




Simone

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